L’inglese sarà ancora così importante dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea? La Brexit ostacolerà la diffusione dell’inglese nel mondo?
Certificazioni di inglese
Con un boom di certificazioni linguistiche registrato nel 2019 (7 milioni in tutto il mondo), l’inglese non teme la minaccia Brexit e si conferma la lingua “franca” dell’UE: una certificazione linguistica è il primo requisito per chi vuole lavorare e studiare in Inghilterra o in America, ma anche in tutti i Paesi del nord Europa e nel mondo.
Euro English: terminologia e slang della lingua dell’UE
Sia ben chiaro, non stiamo parlando di British English né di American English, ma di quella lingua parlata in tutto il mondo che ha saputo declinarsi in ambiti e settori diversi, sviluppando un lessico e una grammatica ad hoc, proprio come l’Euro English, ovvero l’inglese usato nelle istituzioni dell’UE. Una lingua a sé, che ha coniato un vocabolario ben diverso da qualsiasi forma riconosciuta di inglese e che talvolta utilizza sigle non sempre condivise dagli inglesi madrelingua di Gran Bretagna e Irlanda. Un esempio per tutti: l’acronimo inglese SMS, che tutti noi conosciamo e che sta per Short Message Service, non viene mai utilizzato dai media britannici, che preferiscono utilizzare l’espressione Text Message. Lo stesso vale per altri termini usati impropriamente e che al di fuori delle istituzioni europee sono sconosciuti (es. planification al posto di planning) o che hanno un significato diverso da quello dell’inglese standard (es. to dispose per indicare di possedere invece di gettare) o magari un significato simile ma un uso diverso (es. homogenise). Così come non esiste una sickness insurance (traduzione dal francese) ma una health insurance, a meno che non si voglia una polizza che ci assicuri di rimanere in cattiva salute…
Insomma, parole inglesi utilizzate comunemente in modo improprio, come follow up per monitorare (monitor), perspective per prospettive (outlook), badge per cartellino (timecard), si sentono ormai all’ordine del giorno e si intercalano in qualsiasi discorso in lingua straniera e non solo.
Proprio per chiarirne uso e significati differenti rispetto al corretto uso dell’inglese, è stato redatto dalla Corte dei Conti Europea, a cura del funzionario Jeremy Gardner, un divertente manuale di un centinaio di parole: A Brief List of misused English terminology in EU publications.
L’inglese degli influencer, dell’innovazione, del marketing e della creatività
Ma non sono soltanto le sue diverse declinazioni a rendere la lingua inglese così diffusa. Basti pensare a tutte quelle aree e settori, in primis quello del business, in cui la lingua anglosassone è un consueto e indispensabile collegamento: dalla politica alle aree socioeconomiche, dai settori accademici alla diplomazia. E ancora, l’inglese domina macrosettori come borsa, finanza, tecnologia e innovazione, è la lingua con cui si imparano e si applicano il marketing e l’economia, il mezzo di comunicazione degli influencer, il gergo con cui “chattiamo” in rete e sui social media e attraverso cui nascono i generi-icona della musica: rock, pop, indie, country. E naturalmente, la lingua in cui brani intramontabili come “Knocking on Heaven’s Door” echeggiano dall’America alla Cina, dalla Romania alle Filippine…
La lingua franca dell’UE e l’impatto della Brexit
Se per molti è la seconda lingua, non è immaginabile che l’inglese perda il suo primato, non solo in Europa ma in tutto il mondo. Gli adulti hanno studiato anni per imparare l’inglese e dare un nuovo slancio alla propria carriera, numerose università europee hanno implementato corsi di laurea e programmi in inglese e a scuola lo studio dell’inglese è diventato obbligatorio fin dai primi gradi di istruzione nella maggior parte dei paesi europei. Questo momentum è ormai difficile da fermare.
Dal 2012 l’inglese è stata la “lingua franca” delle istituzioni dell’UE a Bruxelles, la lingua utilizzata dai politici per discutere di temi mondiali attuali come l’energia, la sicurezza e il commercio, lo strumento per comunicare tra i paesi dell’UE e per interfacciarsi con tutto il mondo.
Eppure, nonostante la sua leadership indiscussa, la sua diffusione e il suo consolidamento, a poco più di un mese dalla Brexit, la domanda se la sono posta tutti: Will Brexit spell the end of English as an official EU language? (“La Brexit segnerà la fine dell’inglese come lingua ufficiale dell’UE?”, come titola The Guardian)
I dati della diffusione della lingua inglese in UE
La Brexit potrà ostacolare il ruolo che oggi ha l’inglese nei paesi dell’Unione Europea e in tutto il mondo? La domanda è lecita se si pensa che l’uscita del Regno Unito ha provocato una diminuzione drastica dell’incidenza degli inglesi britannici in UE, calata dal 13 all’1%. E la risposta arriva dai numeri e in particolare da una proiezione dei dati rilevati dal report Europeans and their Languages di Eurobarometer del 2012 condotta sulla nuova popolazione europea. Il risultato è sorprendente: anziché diminuire, il divario tra la diffusione dell’inglese e quella delle altre lingue europee aumenta a favore della lingua anglosassone, che oggi conquista il 50% di diffusione tra i cittadini dell’UE (contro il 36% del tedesco, il 29% del francese, 18% dell’italiano e il 17% dello spagnolo). Dato che tiene conto di una rinnovata maggior diffusione dell’inglese, come evidenzia l’Edizione 2020 dell’Indice di Conoscenza della Lingua Inglese EF EPI.
Brexit o no, quindi, l’inglese si conferma la lingua più parlata in Europa, il mezzo di comunicazione internazionale. L’inglese di tutti. British di nascita e intercontinentale per appartenenza.