Un articolo pubblicato dal quotidiano francese Les Echos porta alla ribalta la questione della crisi di identità della lingua francese.
Dai nomi delle trasmissioni televisive (“The Voice “, “Star Academy”, “Loft Story”, “Masterchef”) alla grande distribuzione (“Simply Market”, “Carrefour City”) e al gergo usato nel mondo imprenditoriale (“meetings”, “ workshops “, “conf calls”, “best practices”), anche una lingua con uno spirito altamente conservatore quale è il francese (basti pensare che i francesi si ostinano a chiamare il pc “ordinateur”) deve fare i conti con la disarmante semplicità e fruibilità del lessico inglese.
E l’italiano? Anche nel caso della lingua di Dante si avverte un utilizzo sempre maggiore di termini anglofoni. Prendiamo come esempio il mondo del cinema, nel quale sempre più titoli vengono lasciati in originale senza essere tradotti.
Queste mescolanze rendono forse la quotidianità più semplice e funzionale, ma portano con sé il rischio di perdere familiarità con la lingua madre ed al tempo di stesso di fare confusione nel momento dell’apprendimento dell’inglese.
Meglio dunque, ove possibile, cercare sempre l’alternativa nella lingua madre e utilizzare l’inglese quando davvero serve!
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